12 marzo 2010

Verso Tortuga

Non esisto, ora
sono fantasma nella rete
s’un galeon armato
dispiego vele nere
scivolo su l’ombre
e batto il Jolly Roger
in la notte digitale.

01 novembre 2009

Accelerare

Accelerare
sentire
polmoni
bruciare.

L'aria
ghiacciata
benzina
del mattino.

Russar
della stufa
in testa
che batte.

Domenica
ore sette
classico...
Tutti dorme.

Io no.
Io in fuga
accelerare.

27 ottobre 2009

Abbiam pescato un sogno

A cavalcioni
la punta della luna
abbiam pescato un sogno
dal cuore di vulcano
ed occhi gemme nere.

Siam pescator di stelle
accucciati caldi
nella fascia zodiacale
e insistiamo
e tutto viene
atto di forza
sognar-creare!

12 ottobre 2009

Orizzonte indiano


Roba vecchia accatastata. Che puzza d'umido e topo. Col machete a liberar il vecchio muro a secco, il pozzo e l'antico rosmarino. Rovi, erbacce, arbusti secchi... Via, tutto sopra il mucchio.

Un ottobre bello da ricordare, noi la domenica e una coperta vecchia sbracati al sole accanto casa, in t-shirt e piedi nudi. Al pc la mattina, a lavorar fra le nuvole della rete per l'orto nostro. Suoni e profumi di domenica, giorno di vita vera.

La sera, a sorpresa, due amici con una macchina stracolma di cose di casa. Le danno tutte via e ripartono per l'India. Meraviglia! Un brindisi al vino rosso e felicità. Qualcosa di vero dentro a 'sti giri di boa nel mar del tempo svenduto. Qualcosa per cui val la pena ammuchiar ancor più cose vecchie e marcie dietro casa.

E poi, al tramonto, con qualche zolfanello e il Bon Prix accartocciato, far pulito... Fuoco! Lingue arancioni alte e violente piegate dal vento a pulire tutto: giorni, fatiche, ansie. Una danza calda, scintillante. Io col forcone attorno a governarla. L'uliveto umido intorno il nostro salotto. E la luce del giorno sempre più giù a svestir pian piano stelle limpidissime. Noi abbracciati, lanciati nell'inglese, con un bicchier di vino sprofondiamo nei racconti di quella terra lontana: gente in giro ovunque, ai bordi delle strade, accanto ai templi, sulle spiagge, nelle foreste traboccanti. Immagini di sogni mezzo consci si agitano nel mio profondo, suoni del gamelan, profumi d'incenso. Una stoffa indosso, qualche piccolo soldo e basta, per viver lo spazio libero..

Poi mi sveglio e mi ritrovo ancora nel fiume sotterrane e più ascolto i piccoli discorsi della gente intorno, più mi rendo conto essere altrove ciò cui anelo. Anche in quelli bravi e da me stimati si annida la mediocrità. Spesso sento riemergere con forza il richiamo del selvatico, dell'andare, via, dove, chissà.. E perchè. Lo convoglio nell'inchiostro, per ora, finchè necessario. Tutto torna, sempre, puntuale, a ricordarci che il senso non è questo orrore routinario. Per lo meno, non per noi.

04 ottobre 2009

Neolitica matrice

Un masso litico e tondo alle radici possenti del calanco risveglia suoni arcaici, ombre danzanti nella notte primitiva e matrice dentro la mia testa...

La madre... anni di pulizia dalle incrostazioni forzose e luride. Lento ritorno alla consapevolezza.
Vagare a tentoni nel buio guidato dalle sensazioni, dalle intuizioni, da conoscenze ataviche racchiuse nelle circonvoluzioni perfette del nostro dna. Verso la luce piena. Nel flusso impetuoso
della vita in divenire. Fra le braccia muliebri della Grande Madre. Partecipi di un intero completante. Tutto torna...

Strano, davvero strano che poi tutto riconduca quì, a concetti così semplici e chiari. Ovvi, a pensarci col senno di poi...

Sono più emozionale, meno saggista... Disegno geroglifici mischiandoli e trovando nuovi significati alle immagini. Il viaggio fa sgorgare un fiume di vivo inchiostro a cui non posso sottrarmi e la routine, al contrario, mi rende muto, mi annienta, mi flatlinea______________________________

Gli alfanumerici verde schiribizzano acque calmo sporche del molo. Ci sono gemiti di gomene in tensione, un leggero sciabordar d'acqua sugli scafi e bit sonori di Space Station Soma.
C'è un sognatore scriba in attesa d'imbarco alla locanda del porto giù nella Ribera..

29 settembre 2009

minavaganteschizzatadaufficioecampagnaprimadelgransalto

Notti agitate. Senza sonno buono. Naso secco, calcificato. Occhi pesanti di pixel e sinusite mangiasonno. La legna è accatastata ordinata, la casa linda. L'orto subappaltato. Attendiamo in un tempo immobile. Finito, quasi, il settembre dolce '09.

..."Fin qui tutto bene!".. ..fin qui, ancora, per ora, tutto bene...
Manca poco, sentiamo avvicinarsi il punto di non ritorno. Le nostre serate di intima solitudine nel nero toscano stanno per finire. Presto, molto presto. Saremo abbagliati dalla luce straordinaria della vita che si rinnova, ricomincia, stupisca ancora..

Rabbia dentro, il tempo che se ne và, venduto sottocosto. File seriali di giorni alla catena di montaggio, smontaggio, cheeeeese! Vorrei almeno 36 ore in un giornata per ritrovare la bussola. Stop.

17 luglio 2009

Tornano

Eccoli, tornano.
Luglio infinito con le sue lunghissime sere a piedi nudi tra l'orto ed il cotto della veranda.
Amici, a riempire la casa, festosi o sommessi, invadenti o riservati, portatori oppure in cerca di energie.
Eccoli, tornano.

E noi qui, fermi, forti... perno su cui tutto ruota, accentratori di moti che s'incontrano e mischiano, per un attimo, e che poi diventano centrifughi andandosene lontano a germinare, crescere, fiorire altrove.

Luglio torna, ancora.
E questa volta lo sento anche da dentro la gabbia, pulsa forte là fuori con il suo alito pesante da predatore sazio sonnecchiante sotto l'albero. Il frastuono delle cicale intorno ad irridere la bassa pressione sanguigna che ci irrora le vene.
Cosa stai portando con te questa volra, magico Luglio? Tutto sussurra ora, come ai vecchi tempi, tutto insieme, mille porte dimensionali aperte verso il domani. E' la performatività della nostra esistenza che ci gonfia le vele in questo modo bislacco: "Una vita intera per prepararsi, cinque minuti per eseguire"... Siamo chiamati sul palcoscenico, è il nostro turno.

Eccoci, guerrieri. Non ci tiriamo indietro. Siam pronti. Con i nostri pochi orpelli, la nostra molta fantasia ed il grande ridere degli occhi cha ci accompagna... ...sul piatto mettiamo tutto. Facciamo un mucchio delle vincite accumulate sin'ora e ce le giochiamo per intero.

Cerchiamo un salto quantico, un'innalzamento della qualità della vita, non può che essere così... o regresso, altrove, di nuovo sulla strada...
Giochiamo comunicando con le stelle, non credendo nella distinzione fra sogno e ciò che altri chiamano realtà.
La posta in palio, come sempre, è cavalcare il mostro fieri, placarlo ... la conquista dello Spazio fisico e interiore... Tutto.

16 febbraio 2009

Piccolo post


Così questa sera: le stufe che gorgogliano sommesse e mezzo dito di wisky ne la tazza. Il mostro felino crollato nella cesta dopo gli amori e il mostro baubau in fondo al letto a presidiare i sogni della Fata.
Piccolo post.

Yoga le sere e, finalmente, anche le mattine, per ritrovare il filo del corpo e della mente. Falcate lunghe sull'asfalto sino al paese e ritorno. Quanto sia corto un chilometro e otto non lo si può nemmeno immaginare.

Aria fina, trasparente, ghiacciata abbraccia i polmoni festosi e il sole colora tutto di nuovo. Il fango lascia per terra le sue sculture asciugate dalla tramontana a sbriciolarsi sotto il mio scarponcino da battaglia quando passo veloce tra gli ulivi verso la civiltà. Sembra non essere cambiato nulla dopo tutti questi giorni di pioggia. La gente è tornata sorridente, un po' più serena...

07 febbraio 2009

Vento di libertà


Intrepidi attendiamo il Suo ritorno, “non può piovere per sempre”.

Oggi il profumo del mare fuggiva tra le inferriate di nuvole del cielo. Spirava un sapore salmastro da lassù, di legna fradicia e corse sopra lo spazio libero del mare.
Un poco di sole filava dai banchi di nubi frastagliate che parevano scogli sottosopra, raggiungeva stremato i crinali e poi, giallo, allagava di luce l’altra parte delle colline, per qualche decina di metri soli; poi veniva riassorbito dai grigi attorno.

La libertà soffia forte nel vento, la vedo giocare, in ogni foglia scossa, in ogni lampo di sole improvviso dentro questo diluvio universale, in ogni suo sorriso felice che mi si stampiglia indelebile le sere tardi, entrambi distrutti, con gli occhi rossi da pc, buttati a terra accanto al fuoco ad immaginare... ancora.
La libertà oggi mi si dipinge come un attimo solo di ribellione e felicità; un pensiero, un’azione ardita, il domani migliore.

C’è tanto di quello spazio e diversità nel mondo da rendere ridicoli quei piccoli uomini che s’atteggiano a grandi, duri e potenti. Li cancello con un respiro profondo ed un sorriso: passeranno.

Chi resta invece siamo sempre noi, che da una mezza giornata di sole ci sentiamo ricompensati di tutto, che nel buio e freddo umido abbiamo sempre la forza di estrarre la nostra spada d’eroi lucenti, di levarla alta nel cielo immenso ed iniziare una nuova battaglia. Noi che un giorno grigio ci sconquassa e quello dopo, terso, solleviamo il mondo come un fuscello e lo mettiamo, origami fiorito, fra i capelli guerrieri!

La libertà scuote questi tetti di terracotta superbi che ignorano la portata della propria fragilità al cospetto dell’"inconcepibilmente vasto" che è l’universo.

Il vento forte della vita scompiglia, sconquassa, sballotta qua e là; accende nuove avventure e nuove speranze, spinge in luoghi nuovi a ricominciare ancora e ancora, perchè la vita e la libertà profumano ad ogni stagione di una primavera nuova, giovane e sensuale, al cui canto sinuoso non posso sottrarmi. E un giorno forse mi lascerà cadavere sfinito e vinto sulla riva del mio tempo. Forse.
O magari invece sarà stato proprio questo il senso di tutto: vivere, capire, raccontare. Patire tramite il corpo e guarire nell'inchiostro. Giorno dopo giorno.

21 gennaio 2009

Corallo


Pioveva da settimane, faceva un freddo tremendo. Il fiume sotterraneo dei doveri sembrava non avere mai fine, nessun cenote dove respirare. Abbiamo chiuso gli occhi, lo ammetto, ci siamo addormentati. E, peggio, abbiamo fatto un sogno. Ma in fin dei conti se non esistessero i sognatori chi sognerebbe i sogni?

Abbiamo sognato di stare in un posto tutto colorato dov'era eterna primavera. Sembrava il Guatemala.
Tutto intorno era uno splendore. Ma uno splendore diviso.
Una diversità che spaziava dal caos ingordo e violento della megalopoli al fascino della tribalità degli altipiani che gli abitanti mi spiegavano una volta essere una regione unica assieme ai territori adiacenti del nord in rivolta.
Da una parte la ricchezza sconfinata di una terra geograficamente benedetta, ricca di foresta tropicale traboccante di piante, fiori, uccelli sconosciuti e rovine di civiltà precolombiane inesplorate e meravigliose paragonabili per vastità e complessità architettonica alle più avanzate città della Grecia classica.
Dall'altra la vergogna della miseria in cui era costretta ancora la gente indigena dai discendenti degli invasori. Tenuta nell'ignoranza perchè da sempre il modo migliore di continuare ad avere manodopera a bassissimo costo con cui accumulare fortune dalla fatica altrui.
Abbiamo visto bambini che avevano appena imparato a camminare già reggere la zappa o il machete nel campo. Donne pagate qualche centesimo di euro per lavori che nessuna europea si sognerebbe mai di voler fare. Vecchi malfermi abbandonati a se stessi nella penombra della demenza senile al limitare di agglomerati urbani cresciuti disordinatamente, in un attimo.

Abbiam sognato un Nuovo Mondo ma la storia era vecchia e puzzava.

Ingordigia di alcuni, sfruttamento di molti, sospensione o addirittura mancanza del diritto, lotta fra caste ben chiuse e separate. Ancora una volta, sognando, si confermava con maggior forza la convinzione nell'istruzione come base fondamentale, nutrimento per una società migliore, di eguali, in cui camminare insieme attraverso l'universo.

La cosa più terribile era dover dar ragione a Wu Ming quando scrivevano: “Non c'è nessun dopoguerra. Gli stolti chiamavano pace il semplice allontanarsi del fronte. Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato del denaro. Oltre la prima duna gli scontri proseguivano”.
In quella terra sognata la guerra era finita pochi anni prima, raccontavano, proprio come in Guatemala dove la guerra civile e' ufficialmente finita nel 1996 ma in realtà era diventata una guerra più subdola, combattuta a colpi di coca colla, patatine e troiai vari, telefonini, telenovelas e molti altri bisogni indotti con cui hanno instupidito anche noi qualche decennio fa. Era l'inserire elementi totalmente altri, infettivi, devianti, all'interno di una cultura secolare (e ancora ben visibile) che si basava sulla simbiosi con e sul rispetto dell'ambiente puro circostante.
Nuovo Mondo vecchia storia. Se il nemico non riesci a vincerlo, fingiti suo alleato, donagli specchietti colorati e nel frattempo avvelena i suoi pozzi, rendi sterili i suoi campi, cancella la sua storia. Questo stavano facendo laggiù i ladinos. E il peggio era che stavano vincendo.

Sognavo, vagavo fra le visioni incastonate l'una nell'altra. Viaggiavo nella Realtà.
Sognavo di molti giorni di strada e fatica sull'altipiani, di sentieri attraverso le foreste, di sacri siti Maya e poi ancora di giornate di spiaggia rosa corallina al sole forte fascinoso caraibico. Anche noi vivevamo il contrasto assurdo di quell'onirico Nuovo Mondo. Ero frastornato, sarà stato il sole, saranno state quelle violente sfumature nelle cose. Ci sentivamo ricchi grazie a quell'Euro pesantissimo che ci faceva vivere da signori i nostri giorni di libertà, ma con la consapevolezza di essere dei poveracci alla ventura come le fiumane di gente a piedi incontrate sulle strade, che andavano incessantemente, chissà dove poi...
Eravamo assetati del conoscere, capire, voler incidere... Piccoli fragili Don Chisciotti...

E io, più m'inoltravo nel sogno più mi rendevo conto di essere parte di un tutto vastissimo comprensibile in un attimo o mai. Perchè l'acqua mossa da una parte genera l'onda dall'altra, perchè il sole quando se ne va dalle Americhe inizia a sorgere in Asia e poi in Italia, perchè tutto lo Yucatan 65 milioni di anni fa era un'immensa isola di corallo la cui potenza dell'impatto di un meteorite ha staccato dal fondo del mare facendola prima emergere e poi incagliare nel continente!

Sognavo nella Realtà... e tutto questo mi lasciava senza fiato. Come al solito. Come nuotar veloci, su, dal profondo del mare verso la luce; Jeremy dei Pearl Jam nelle orecchie! Come il respiro grande e doloroso sbocciando forte in superficie. Come dieci anni fa e come gli occhi nella foto in maglia a righe all'asilo. Come rinascere ancora e ancora. E stupirsi ogni volta di questa complessità incantata!
E la rabbia di sentir l'umanità perdere tempo, e noi con lei...

Poi ci siam svegliati, all'improvviso. Sembrava passato un mese ed invece erano stati solo istanti.
Allo scadere del tempo del vivo conoscere, nella fase trascendente confusa in chiarificazione finale, prima del nuovo fiume temporale sotterraneo io mi svegliavo.
Diviso. Resto così dopo questo breve vivido sogno.
Con negli occhi residui di quell'immenso blu dove tutto finisce, ancora di più.

Resto
friabile pietra
sul coste d'oceano
d'onde
smangiato.

Buonanotte Europa, dormi sonni tranquilli, finchè puoi...

29 novembre 2008

Semplicità














Un foglio bianco luminoso o giallo sporco tempo. L'elettroni avanti e indietro nel circuito. Le pennellate calde di colori che compongono il pensiero.
La semplicità.

Una gatta elastica che ti stana e poi ti piglia dentro a que' lenzuoli caldi di prima de l'alba. I vetri vecchi colati di condensa nel mattin ghiacciato. E sapere che comunque l'han sempre fatto, l'hai già passati pure tu, che ancora lo farete, insieme. Di passar l'inverno solo a forza fuoco e legna, con rose di ghiaccio dipinte su le finestre l'ore preste fra te piccino è il paesaggio fuori là, immenso.
La semplicità.

Non è lontana, è quì, e sotto l'occhi, dentro le tasche, nell'aria fresca.
E' il seme che per forza la feconda, caduto nella terra o accolto da una donna. L'immensa magia di questo. E poi ancora e di più, sapere con certezza assoluta che tornerà, anche se ora è freddo, buio e difficile. Che questo e miliardi di altri semi poi si staccheranno dalle piante e sempre andranno là, dov'è il loro centro, il loro orizzonte, la loro possibilità d'esprimersi. Tornerà sempre, e ti stupirà come la prima volta. Ti lascerà in brache di tela a sorridere felice con uno sguardo ebete stampato in volto.
La semplicità.

Sapere che al di là di tutto, dopo aver grattato il fondo di baril d'orpelli che ci crescono addosso e s'ammassano, nel mio profondo c'è questo foglio e questa penna. I miei gereoglifici bianco nero innati, brutali, non addomesticati. Che arrivano, tornano, ci sono. Ed esplodono precisi, fieri, come il motore della porsche di Klaus quella volta che ha superato i tir, come l'aereo quella prima volta da solo, quando ha accelerato per Barcellona, come quando li lasciavo indietro tutti a falcate immense sulla striscia rossa dei cento metri piani.
La semplicità.

Questa sera nel silenzio, io al computer, la Fata accanto a sfogliar miei magazine. I "cani" a russar attorno e in mezzo i piedi, il vento che ci prova giù per la cappa del camino a romper. E i fiumi invece marroni, ancora negli occhi d'oggi arrabbiatissimi fuor dai loro letti e noi col guscio verde a schizzar veloci sopra que' fragili ponti verso ovest, verso il mare, verso la via ferrata che porta a sud, a nord, all'aeroporti e ovunque.
La semplicità.

Non so in realtà cos'è.
E' questa sensazione misto crescer forse.
Ma a volte tutto m'appar così lineare.
..anche se astruso, impegnativo, dal futuro incerto..
A volte mi pare di veder per bene
come tutto và
semplicità
quando scoccato
seppur dentro suoi gorghi fascinanti
dritto al proprio centro.
Così..

30 ottobre 2008

Spazio

..un attimo piano, attraverso la gente domenicale nel borgo, sulla pietra consunta del pavè centenario, con calma, un attimo, attraverso il cassero stretto della porta a nord..
Poi giù, all’improvviso, subito nella campagna.

Scorribande su strade bianche, puntellati sopra al pick up come su un motoscafo in mezzo al mare. I capelli al vento, i volti cubisticamente scomposti in sorrisi. Le buche, i dislivelli, le curve: i flutti da cui guardarci mentre quella matta là sotto, al volante, ci trasporta attraverso il sogno.

Respirare oltre, entrare nell’incontaminato abitato, salutare i luoghi col proprio nome come fossero amici. Entità toponomastiche che pian piano si sono affezionate a noi, si sono lasciate avvicinare e carezzare. E che ora ci strizzano l’occhio complici quando passiamo e, trasognati, ammicchiamo loro.

Spazio, vasto, armonico. Sconvolge l’impatto violento con la meraviglia, infetta, inesorabilmente, avvinghia come vitalbe... riempie gli occhi e il cuore oltre che i polmoni festanti. Spazio, attraversato in groppa al drago bianco rombante, liberi di estasiarci al suo passo. Spazio, ritornare al suo ritmo, come fosse cosa di sempre, all’improvviso...

Sentiamo che tutto resta indietro, come quando dal pontile ci si tuffa nel mare e a bracciate generose ci si allontana dalla riva affidandosi alla profondità blu degli abissi. Quella sensazione di nulla liquido attorno al corpo, di attracco solido che si allontana, di libertà sui tre assi dimensionali... ...lasciarsi andare nel selvatico fertile.

Attraccare qui e là, su qualche isolotto a percorrere antiche rovine, o nel mezzo del bosco, golosi, a far incetta di corbezzoli rossi, o ancora ospiti di gente perbene a darsi del tu, nei reami incantati di vigne ad assaporare vini e frutti nati dal rapporto carnale, d’amore con la terra. E sentirsi a casa, quella casa ancestrale datata milioni di lune fa.

E’ inutile, si può obiettare con cento sofismi e con mille altri ancora. Ma dopo che giù sotto, in valle, s’è messa la freccia e si è iniziati a salire, tutto cambia. E' la massa senza interruzioni del bello che fa la differenza. Distese ininterrotte di caos armonico generano quell'energia che vibra addosso attraverso la pelle. E si fonde insieme. Un solo dettaglio violento interromperebbe il flusso di comunicazione biochimica fra noi, esseri energetici, sassi, piante, bestie. E' conoscenza brutale, fisica, senza intermediazione. E subito lenisce, il corpo, la mente; pian piano pulisce, chiarifica e alla lunga cambia nel profondo e guarisce.

08 ottobre 2008

Legna in Autunno

Autunno, cielo slavato e profumo di terra. Se ne sono andati tutti. Finita la vendemmia il mosto ora riposa in cantina, sobbolle, si ripete la millenaria magia del vino. Sciami di moscerini s’aggomitolano coll’aria nelle campagne attorno e pennuti felici volteggiano sotto cumuli di bel tempo facendone manbassa. Le vespe cercano rifugio persino in casa, sentono che la terra sta per invertire rotta, l’ha già invertita di fatto, e allora tocca scacciarle garbatamente per non farsi pungere. Tocca portarle qualche campo più in là imprigionate tra un bicchiere e una cartolina e poi liberarle augurando loro buona fortuna.

Guardando la legna ordinata in legnaia ricordo tutti quelli che sono passati su questo dorso di terra durante la buona stagione. Tutti in un modo o in un altro ci hanno aiutato a segare, spaccare, spostare e ordinare la legna. Ognuno di loro, nella mia testa s’è accatastato come un prezioso ciocco di legno. Diversi colori, forme, consistenze. Ci scalderemo tutto l’inverno nel ricordo dei giorni passati con gli amici. Torneranno alla mente le notti passate a disegnar costellazioni col naso all’insù, le partite a poker sino a mattina, le sbicchierate di vino, i discorsi, gli scontri, gli abbracci, le docce all’aperto...

Siam quasi pronti al freddo, stiamo smontando tutti i “giochi” esterni, sistemando la serra per le piante, chiudendo i buchi nella strada sterrata, pulendo i tubi delle stufe. Nel frattempo ci godiamo ancora un po’ questo clima dolce e questi colori sconvolgenti per cui abbiamo lasciato indietro tutto.

..resta solo legna in Autunno.


19 settembre 2008

S'attarda Estate


Piove. Piano, senza violenza. Una pioggia tardo estiva, di quando la femminilità esuberante dell'estate grassa e generosa inizia a cedere alle lusinghe di un riposo meritato. Beata lei!
Noi invece si inizia ad accelerare per tornare alle velocità normali del lavoro, del mondo reale intorno, dell'Inverno che già sussurra in lontananza.

E' fresco finalmente. Questo settembre ineditamente afoso mi aveva tolto il respiro e mandato fuori giri. L'aria si è ripulita coi temporali violenti dello scorso fine settimana. Fulmini ad illuminare a giorno la notte, scrosci e silenzi, poi ancora tuoni paursi. Ma queste pietre hanno secoli di storia e ci hanno protetti, noi e il nostro piccolo cinema "self tailored".
Poi ci sono state alcune giornate fantatiche di nuvole sode, compatte, ed alta pressione che spingeva greggi intere di queste nubi alte sopra di noi. Chissà dove andavano tutte poi..?

Corere nell'alba fresca incontro all'orizzonte sanguinante è una soddisfazione impagabile. Ad ogni falcata la luce che ti viene incontro, la natura che pian piano cambia i suoi attori sull'arcoscenico, i polmoni che si aprono nello spasimo della fatica. Il sudore grondante, i muscoli che ritrovano il loro sentiero attraverso l'erba alta dell'inedia. Spingere...avanti!

Piove ora. La pioggia ha riportato l'umido, ma pulito, fascinoso. Niente corse all'aperto, la terra è molle. Con l'autunno alle porte qui davvero si capisce il valore inestimabile di un tetto sopra la testa e di un guscio a motore per arrivare fino al supermercato, al lavoro, via se necessario...

04 settembre 2008

La Fantasia


Conservatorismo è il rifugio dallo spavento del crescere. Ed è altamente infettivo.
Crescere è un tuffo nel vuoto che toglie respiro, che si avvinghia veloce rendendoci legnosi e miopi.
Rivedere persone conosciute addietro, con cui si è condiviso esperienze, giorni e progetti. E trovarli conformati, allineati, morti dentro.

Restare sempre creativi... bambini, stupirsi, ricominciare. Credere nei propri sogni senza arretrare di un millimetro, mai! Questo l'unico antidoto che conosco, e funziona..

E' la fantasia che ci salva. Lei è vasta fresca energia. Sono i colori del mattino ogni giorno diverso ed ogni giorno una sfumatura d'umore differente. E' il perdersi ancora dentro una buca in riva al mare alla ricerca dell'acqua, è creare pinnacoli di sabbia intorno alle mura del proprio castello, è adornarlo di conchiglie e sassi colorati, ognuno generato da un pensiero di bambino che ancora non conosce la parola litogenesi.
La fantasia è saper generare un gioco da un mucchio di cianfrusaglie, immaginare un mondo dentro una stanza in disuso, vedere colori e forme là dove altri non posano nemmeno lo sguardo.
La fantasia è la trasformazione delle idee in oggetto, della trascendenza in immanenza, della volontà in creazione.

Non è facile. Chiede pulizia, lo sgombero puntuale di ogni certezza accumulata, la rinegoziazione continua delle proprie sicurezze d'adulto. Implica lo spazio vuoto al di là del proprio nucleo primordiale. Un oscillazione continua tra ordine e caos. Che consuma, sdrucisce...ma che poi, oltre il tunnel scuro e spaventevole, ci riconsegna alla fanciullezza del cuore e della mente.

C'è vento alla sera quassù. Giunge dalla massa d'acqua del mare quando il sole inizia a nascondersi dietro l'orizzonte. Risale la valle, prima piano, poi sempre più importante. Scuote le chiome degli olivi e porta suoni e profumi da chissà dove. Il vento è un monito costante contro la fossilizzazione. E' come la fantasia.

La fantasia non ha posa.
S'agita inquieta.
S'allarga, germoglia, genera fiori.

24 agosto 2008

2cv


Linee, forme e colori che mi riportano indietro. Ad un tempo che non ho vissuto ma che egualmente esiste da qualche parte del mio essere.
Un'auto d'altri tempi, un parcheggio di sbieco a bordo oliveto, quattro cose nella borsa ed inoltrarsi dove l'asfalto è solo un brutto ricordo...

In questi giorni queste splendide auto su cui sono giunti i nostri amici mi hanno fatto immaginare una mutazione temporale. Come se questo dorso di terra fosse un luogo in cui tutto si trasforma mostrando la sua vera anima. Ho visto le 2cv come animali preistorici meccanomorfi dal ventre pieno di colori e dal brontolio gagliardamente fiero. Mi hanno portato a riflettere sulla lentezza.

La lentezza... Muoversi ad una velocità diversa in effetti non vuol dire per forza essere in ritardo. E' anche sviscerare meglio il paesaggio, i dettagli, connettendo il punto di partenza e la meta con tutto quello che sta nel mezzo. La lentezza, spesso inflazionata dal food marketing, è anche ciò che cerca la maggior parte delle persone che ci fa compagnia in queste giornate. Uno spazio di frenata dopo la velocità supersonica cui siamo costretti ogni giorno.
Questo forse anche il motivo per cui più che un'ulteriore frenetico vagare da una parte all'altra di questi colli sono l'amache tra gli olivi e l'ombra delle frasche ad Agosto che tutti preferiscono... l'attardarsi pigramente sotto il gazebo dopo i pranzi, lo scivolio silenzioso del tempo la notte sul terrazzino ad ammirare costellazioni appena scoperte...

22 agosto 2008

Intro















Sul dorso della terra
sono, con te
e mille altri volti
che attraccano, fioriscono, salpano
in questo porto di mare
sulla nostra nuvola
in mezzo al selvatico